di Piercarlo Stefanelli-architetto

L’assioma, sostenuto con grande determinazione negli anni settanta dal dipartimento di Urbanistica del Politecnico di  Milano, riguardava il rapporto  tra la città e la campagna. L’importanza quindi di controllare e gestire lo sviluppo della città (nel caso studiato riguardava Milano ed il suo hinterland) con rinnovati servizi e nuovi luoghi di lavoro senza scordare l’essenzialità della campagna che, oltre al suo naturale ruolo primario, avrebbe dovuto assolvere alla funzione di cuscinetto verde tra i vari nuclei abitati. Scelta che avrebbe permesso di evitare quel continuum edificato che invece s’e’ verificato trasformando la città in una metropoli con una periferia sempre meno umana e vivibile. La campagna e’ stata divorata dall’espansione della città,  soprattutto verso il nord di Milano. Fui molto impressionato, alcuni anni fa, forse una decina se non ricordo male, da una mostra tenutasi nelle sale più importanti della Triennale di Milano, presentata  con un’unica grande immagine fotografica (forse trecento metri quadrati e più) che copriva tutto  il pavimento della grande sala, risalendo anche le pareti sino a raggiungere il soffitto .Ricordo che la mostra era stata promossa da Davide Rampello, Presidente della Triennale, con il nostro Aldo Bonomi ed Alberto Abruzzese.  Impressionante la rappresentazione fotografica ripresa da un drone. Erano spariti quasi tutti i vuoti tra i volumi edificati. I pochi brani di verde residui apparivano come piccoli orti al servizio delle residenze inframezzate ai capannoni. La campagna era stata divorata dall’edificato in espansione nel desiderio di realizzare il grande sogno della” crescita economica”. 

La città, dopo aver inglobato le vecchie strutture industriali presenti, ha consegnato l’espansione residenziale nelle mani della speculazione mentre il pubblico ha promosso la nascita dei ghetti popolari, senza o con pochissimi servizi, ai bordi estremi del vecchio impianto urbano. Oltre questi limiti sono sorti i nuovi capannoni contenenti l’espansione delle attività produttive e commerciali, di grandi dimensioni. Il tutto ha composto un grande continuum urbano senz’anima. 

Le nostre due valli purtroppo hanno cercato di progredire imitando quanto ha fatto la grande pianura padana, componendo così un’infinita città lineare, che da Colico raggiunge Tirano verso est e Chiavenna  verso nord ,  distruggendo quasi tutta la piana prativa, un tempo sostentamento funzionale dell’ attività zootecnica. Questa scelta ha determinato un grande danno ambientale delle nostre valli principali ed ha compromesso, nello stesso tempo, il riconoscimento del territorio terrazzato come importante bene per l’umanità che avrebbe potuto  entrare nell’importante elenco del  patrimonio UNESCO.

Oggi, dopo la distruzione mondiale causata dal CORONA VIRUS,è necessario ripensare al nostro futuro partendo da una rivoluzione del concetto di urbanistica che dovrà’ essere rivoluzionato individuando nuovi sistemi  del vivere in comune e  di poter lavorare in estrema sicurezza spazi collettivi. Anche le stesse norme che regolano l’edilizia andranno riviste ed aggiornate al nuovo modo di abitare. Non lo sostengo solo io in questi giorni, in quanto altri personaggi pubblici lo hanno già dichiarato. Spazi abitativi adattabili facilmente nei casi delle emergenze. Le stesse case di riposo che oggi, purtroppo, rappresentano l’ultima meta umana in attesa di un triste aldilà, dovranno essere dimensionalmente riviste ed aggiornate nella distribuzione  degli   spazi e delle funzioni. Gli stessi anziani, che rappresentano comunque un’ importante pagina del grande libro della memoria del passato, dovrebbero essere seguiti più da vicino, aiutando le famiglie con nuovi e maggiori servizi a domicilio, risparmiando forse anche molti dei  costi sociali. Certamente quest’importante componente famigliare vivrebbe l’ultimo brano del proprio percorso di strada sentendosi più considerato e meno isolato. Questo naturalmente è un tema che dovrebbe essere trattato in modo più approfondito da esperti del settore non certamente da me.

Alla luce di quanto è accaduto in questo momento sostengo che il concetto di città-campagna debba essere ribaltato e riconsiderato, in particolare qui da noi, nella nostra provincia, dove l’organizzazione dell’abitare, degli  stessi luoghi di lavoro  e della distribuzione dei servizi può essere facilmente rivista, valorizzando in primo luogo il ruolo dei nostri paesi distribuiti lungo le coste che corrono laterali alla pianura. Brano di territorio che naturalmente andrà ripulito per quanto ancora  possibile e mitigato alfine di avere una prospettiva visiva migliore di ciò che di prezioso viene mostrato dai pendii del contorno. Valorizzare i paesi, con grandi progetti comunitari coordinati e guidati da una strategia provinciale d’insieme, vuol dire soprattutto recuperare i centri storici di grande valore ambientale e di richiamo culturale ma anche di aggiornare ed ammodernare il costruito più recente, assegnando ad ogni brano di paese un ruolo aggiornato al nuovo “ progetto paese” che può andare dalla residenza abituale a quella con spazi limitati destinati anche all’ospitalità par un” turismo diffuso e leggero di modello familiare” che potrebbe promuovere oltre ad un incremento economico diffuso anche un’importante crescita culturale ( anche se dovrà essere organizzato e controllato in modo collettivo e condiviso). Si ricreerebbe così  un antico modello, presente nei nostri paesi nel  dopoguerra, di ospitalità diffusa e resistente nel tempo, combattendo, nel contempo, lo svuotamento avvenuto negli anni nei nostri stessi paesi.

La stessa vicinanza delle aree agricole all’abitato favorirebbe la cura del territorio produttivo da parte dei residenti ma, perché no, anche da parte degli stessi ospiti che godrebbero di questa nuova avventura legata ad una vacanza-lavoro in “famiglia”. Le stesse nuove generazioni, che stanno guardando alla terra con sempre maggior interesse per la loro vita futura, avrebbero tutto l’interesse a riabitare il paese, recuperando l’esistente, aggiornando  gli spazi per contribuire al progetto di un’ospitalità diffusa ed a volte, anche di “ convenienza “.

I Centri Storici, “ naturalmente stimolati” nel recupero, riporterebbero a “galla” quei valori che il tempo aveva assopito, proponendosi come grandi  reinventori di una cultura popolare dei tempi passati. Questo ritorno al passato potrà suscitare tanto interesse ed  iniettare mille voglie di sapere nelle vene dei nuovi ospiti di un turismo, leggero, non distruttivo sollecitando il desiderio di conoscere il territorio in tutta la sua espressione vicina ma  anche lontana. Pensare a vacanze per studenti, liberamente  ospitati nelle famiglie residenti, potrebbero rappresentare altre iniziative  interessanti per implementare il progetto paese. Insegnanti -guida locali avrebbero la possibilità di  far conoscere a  chi proviene dal resto del mondo, le bellezze del nostro territorio  che rappresentano un  emporio immenso di  qualità  ambientale.

La particolarità dei nostri prodotti , i nostri cibi, le tradizioni specifiche, che ogni paese  è in grado di offrire, funzionano senz’altro da richiamo e promozione per attrarre ulteriori ospiti. Non  sono nemmeno da escludere le attività artigianali ancora in attività o da reinventare in modo organizzato, per riproporre prodotti tradizionali, come i pezzotti oppure le opere in ferro battuto o in legno. Il  modello da seguire potrebbe essere quello ancora vivo in Valvarrone (Premana) dove quasi ogni famiglia rappresenta una piccola impresa e lavora in collegamento con le altre, evadendo commesse comuni. Quel paese da sempre cresce demograficamente al contrario di quanto avviene in  tutti gli altri paesi della Comunità. Un buon motivo per seguire questo esempio esiste certamente: il lavoro artigianale di nicchia è certamente ancora remunerativo.

Per concludere è d’obbligo un suggerimento finale a chi guida le Amministrazioni dei nostri paesi: possono essere proprio questi piccoli brani di territorio a rappresentare una buona base per una ripartenza post virus, sollecitando la fantasia , promuovendo solidarietà, riaprendo le piazze vere per una ritrovata socialità . Naturalmente deve essere bandito il desiderio di primeggiare o di riproporre costosi doppioni di opere pubbliche difficili una volta realizzate da gestire e mantenere. Alcuni esempi ne abbiamo avuti in provincia. Il progetto paese deve partire dal basso ed essere condiviso a livello comunitario e sostenuto da quelle risorse che deriveranno copiose ( speriamo ) dal rinnovo delle concessioni idroelettriche. Un’ultima considerazione da fare, di non secondaria importanza, consiste nel fatto che un turismo di questo tipo non richiede grandi impatti sulla viabilità, specialmente su strada.