L’epidemia di coronavirus ha travolto gran parte del globo e l’Italia in modo significativo, un nemico invisibile e molto contagioso che ha sconvolto le nostre vite, minato le nostre sicurezze. Il mondo si è fermato con gravi danni all’economia, con l’incertezza su come e quando usciremo da questo incubo. La presunzione di essere al sicuro non ci ha permesso di capire cosa stava succedendo in Cina, di imparare velocemente le pratiche difensive e attuarle in anticipo e con efficacia. Anche l’Italia ha dimostrato di non essere pronta, tanti gli errori e le incertezze, in particolare in Lombardia dove il contagio ha avuto numeri impressionanti. Il tributo pagato in termini di contagi, morti e sofferenze è grande. Chi ha affrontato la malattia, chi ha visto amici e famigliari contagiati è cosciente dei danni e del pericolo che abbiamo di fronte.

La reazione poi c’è stata, il blocco delle attività, le restrizioni ai movimenti dei cittadini e le azioni sui sistemi sanitari (perché non tutte le regioni hanno lavorato allo stesso modo) hanno permesso una gestione dell’emergenza. A due mesi di distanza si vedono i risultati con meno contagi e meno pressione sulle strutture ospedaliere e questo ci permette di pensare alla ripartenza, alla famosa fase 2 che inizia il prossimo 4 maggio.

Nella realtà, come da decreto, una ripresa graduale con il monitoraggio della curva dei contagi. Prudenza del Governo che vuole scongiurare una seconda ondata di contagi, una posizione che condivido anche se è impopolare. Le troppe pressioni per una accelerazione delle aperture sono tante. Si potranno fare solo se i numeri dell’epidemia avranno una sensibile riduzione. Tutto andrà bene se i cittadini manterranno le misure di distanziamento, le protezioni e usciranno di casa solo per i bisogni, stando in casa protetti alle prime febbri. Sono i comportamenti collettivi che determinano il successo o meno della fase 2. Un po’ di paura in questo caso è salutare. Con ancora 2000 tamponi positivi e 300 morti al giorno dobbiamo stare molto attenti. Governo e Regioni dovranno garantire il monitoraggio del contagio con tamponi e test sierologici a tappeto e con isolamento pronto dei nuovi focolai. Il COVID per tanti versi è ancora sconosciuto e va gestito con molta cautela. 

Dobbiamo tenere a mente i principi della Costituzione, il diritto alla salute prima di tutto, poi la garanzia del lavoro (in sicurezza) e a scendere tutto il resto. Chi vaneggia di pericolo per la democrazia sbaglia e crea allarmismi. Non è il momento di speculare sulla situazione, tutti devono mettersi a disposizione veramente del Paese ed azzerare le polemiche ed i tatticismi. Dove stà l’Unità nazionale tanto decantata? In tempi straordinari servono provvedimenti, energie e impegno straordinari.

I danni all’economia sono ingenti ma si riparte in sicurezza e tutti insieme. Buona parte della produzione industriale è già ripresa o non si è mai fermata. Si è bloccato invece il movimento delle persone, il mercato delle auto e dei trasporti, la ristorazione, il commercio e il turismo. Settori vitali per il paese e per la provincia di Sondrio che potranno riprendere solo se i cittadini avranno la garanzia di muoversi con tranquillità.

Piu’ di 1200 casi e piu’ di 120 morti in provincia ci dicono del disastro del COVID sui nostri territori. I danni delle riforme sanitarie Lombarde, la carenza di una rete territoriale, le misure errate all’inizio dell’epidemia. Cose assurde, in alcune strutture inizialmente delle direttive proibivano di mettere le mascherine per non allarmare i degenti. Poi il sacrifico e il lavoro dei sanitari è riuscito a limitare i danni e rispondere sempre meglio all’emergenza. Non li ringrazieremo mai abbastanza. Il contributo della struttura del Morelli è stato fondamentale, ha tenuto in piedi la sanità della provincia. Se pensiamo che pochi mesi fa la regione ha presentato il Piano di riassetto sanitario della provincia prevedendo il ridimensionamento dell’ospedale di Sondalo è necessario fare delle riflessioni.

Per uscire dall’emergenza dobbiamo ripensare tutto partendo dai principi Costituzionali. La riorganizzazione del sistema sanitario è prioritaria perché di queste epidemie forse ne vedremo altre. Ora proviamo a riavviare la macchina del Paese, le imprese, chi lavora ed è stato fermo, chi è in difficoltà ha bisogno di fondi. I governi devono investire su questo, è necessario. Non dobbiamo poi trascurare i problemi delle famiglie con i figli a casa, le persone sole e con difficoltà.

C’è tanto da fare e bisogna dare risposte ed aiutare tutti. Poi però, ad emergenza finita, mettiamo mano al sistema perché dobbiamo garantire una sanità che funziona, una scuola che crea opportunità per tutti, garantire un lavoro regolare, pagato e tutelato. Solo un paese solidale che cresce assieme può prosperare ed affrontare le crisi. Se non lo impariamo adesso quando potremmo farlo? L’impegno poi, quando torneranno tempi migliori con utili e fatturato, deve essere quello di redistribuire le ricchezze per la costruzione del sistema paese. Chi può dovrà essere felice di restituire all’Italia gli aiuti ricevuti in questa fase e fare molto di piu’.

Magari è utopia ma ci dobbiamo credere. Sono convinto che andiamo verso la soluzione dell’emergenza sanitaria, per un nuovo Paese serve invece l’impegno e il sacrificio di tutti, andare oltre gli egoismi e gli individualismi. Non so se ne saremo capaci.

 

Giovanni Curti  Segretario Provinciale PARTITO DEMOCRATICO