Tirano, il circolo giovanile 1976/1977

 

L’idea del “circolo giovanile” manco a dirlo, e d’altronde non poteva essere diversamente, fu sua, anche se, per essere del tutto sincero, la convinzione che dietro le quinte ci fosse lo zampino del Pinetto, uno dei “ Grandi Vecchi “ della galassia anarco-frikketton-bakuniniana presente ai tempi sul territorio, era ben radicata in tutti noi. Quell’idea così coinvolgente, quell’idea così interessante e, per quei tempi ma soprattutto per quel luogo così pericolosamente innovativa e nello stesso tempo così innovativamente pericolosa, quell’idea malgrado le apparenze così “politicamente scorretta” ed un tantino “scorrettamente politica”non poteva che essere sua, del Mauro (Giudici). Anche perché, all’interno del nostro unito e variegato gruppo di adolescenti nei mitici anni ’70 immersi nella perenne ricerca di nuove esperienze, di nuove conoscenze, di nuovi contatti umani, l’unico che oltre a disertare costantemente le lezioni per andare a spasso o a giocare a biliardo o in “camporella”, oltre che inventarsi qualsiasi scusa pur di non aprire i libri di testo, oltre che trastullarsi con le ragazze anziché studiare, l’unico che avesse un minimo di addentramenti all’ambiente strettamente politico-social-culturale all’epoca era lui, il Mauro appunto. Beninteso, non che noi tutti fossimo un branco di pecoroni ignoranti o di menefreghisti senza un minimo di cognizione sociale, bene o male, anche se pur con dispiacere ed in taluni casi riluttanza da parte dei nostri presidi, eravamo tutti studenti che oltretutto nei mesi estivi cercavano pure di tenersi occupati, chi nelle aziende di famiglia come il Cristiano, il Popi, l’Italo, l’Eligio la Rita il Riki, e chi in altre dittarelle del luogo, come me, il Mirco, il Mariolino,il Chiodo, la Chioda, la Giuli la Katia e tanti altri, ma diciamo che l’impegno “politico”, l’attivismo sperimentato sul campo sino ad allora non era mai stata una delle nostre prerogative e l’idea di un “circolo” nel quale riunirsi e fare nuove conoscenze, discutere e approfondire tematiche sociali ma anche ascoltare musica e scoprire magari artisti mai conosciuti alla fin fine si rivelò veramente costruttiva. Il gruppo, come detto, era molto unito ed affiatato,e di esso facevano parte anche le mie sorelle Paola e Laura, di pochi anni più giovani di me, e ricordo che in talune occasioni, suscitando crisi di panico e di terrore nei nostri genitori, coinvolgemmo persino, nelle nostre frequentazioni al circolo, la più giovane della famiglia, Chiara, allora innocente bambina che veniva considerata un po’ la mascotte della compagnia. Quelle visite avrebbero condizionato in seguito la sua adolescenza e gli ulteriori stadi della sua esistenza, tanto da essere considerata a tutt’oggi la seconda pecora nera della famiglia dopo di me. La “location” del mitico luogo di ritrovo era una piazzetta molto pittoresca situata nella zona vecchia della cittadina, abitata prevalentemente da persone anziane che senza dubbio all’inizio dovettero vedere il tranquillo scorrere delle loro giornate messo in pericolo da questo nuovo via vai di giovani un po’ cappelloni e trasandati ma che col tempo, devo ammettere, metabolizzarono la cosa abbastanza bene, anzi, ricordo che a volte qualche “vecchietto” si unì pure a noi per un bicchierino ed uno spuntino in compagnia. Quelli che, al contrario, non metabolizzarono affatto la nuova situazione, come era logico immaginare, furono gli sbirri, che non mancarono mai di onorarci delle loro visite a decorrenza settimanale perlopiù, devo ammettere, sempre infruttuose per loro, a parte forse il sequestro di qualche asta di bandiera ritenuta “arma impropria”, il controllo dei documenti a tutti i presenti ed i parecchi improperi rimediati per se tessi, per i loro antenati e per i loro discendenti peraltro del tutto innocenti. Oggi, dopo oltre 40 anni ed al riparo dietro la prescrizione, devo ammettere che, fortunatamente, cercarono sempre nei posti sbagliati e, certo, l’assenza di cani al loro seguito ci favorì in svariati casi. D’altronde si sa, le vecchie case, soprattutto quelle con i muri in sasso, offrono sempre buoni nascondigli, piccoli anfratti nascosti, nei quali spesso e volentieri si annidano però anche strani animaletti indesiderati che non invogliano certo ricerche approfondite. Col senno di poi penso comunque che sotto sotto le forze dell’ordine non ci considerassero dei veri e propri terroristi fuorilegge, ma probabilmente un gruppo di giovani con il testosterone un po’ elevato da tenere sott’occhio ed ai quali rompere un tantino le palle in mancanza di meglio da fare per trascorrere la giornata a spese del contribuente. Altre visite pressoché costanti ed indesiderate nella piazzetta erano quelle dei “fasci” discepoli di Almirante, nostri acerrimi nemici molto inclini, data la totale assenza di cervello e di capacità di ragionamento e dialogo, nell’uso delle mani e talvolta anche delle spranghe. Noi, con la nostra mentalità tendenzialmente pacifista e con il nostro fisico non certo palestrato come il loro, non eravamo avvezzi alla lotta corpo a corpo, ma bene o male il nostro servizio d’ordine, costituito dagli elementi più grandi e grossi tra noi presenti al momento, è sempre riuscito a tener testa alla situazione. Il “circolo” era costituito da due locali disposti su due piani, piano terra e piano rialzato. Il piano terra era perlopiù riservato al relax, ed era arredato con qualche divanetto, qualche sedia, un tavolino e l’immancabile impianto stereo corredato da un gran numero di vinili ben assortiti, tra i quali non potevano certo mancare le famose “canzoni di lotta” tipo Stormi Six o Yu Kung, ma che comprendevano comunque il gotha degli artisti dell’epoca, da Dylan agli Stones ai Deep Purple, da Guccini alla PFM al Banco del Mutuo Soccorso e via discorrendo. C’era pure un caminetto a legna che rendeva tutto molto “freak”, ma a dire il vero non ricordo di nessuno di noi che si sia mai armato di asce per andare a procurare il materiale da ardere, che probabilmente veniva “prelevato in prestito” da qualche vicino di casa lì nella piazzetta. Il piano rialzato era adibito, diciamo così, a sito meramente dedicato al lato politico-sociale della nostra avventura, e consisteva in un piccolo locale con un grande tavolone al centro, diverse sedie, macchina da scrivere e ciclostile pressoché dell’epoca Vittoriana, svariati poster alle pareti tra i quali naturalmente il “quarto stato”, il faccione barbuto di Marx, la pelata intellettuale di Lenin, le prime pagine più celebri de Il Male, Cicciolina e Moana nude e l’immancabile calendario del Che; più o meno ovunque vi erano scartoffie e bandiere e stendardi da esibire orgogliosamente nelle varie manifestazioni e cortei a cui si partecipava in parte per convinzione ed in parte per saltare ore di tediose lezioni scolastiche e che spesso si risolvevano in simpatici scontri con la Questura o con i carabinieri. Ricordo a tal proposito che assieme al Mauro, al Roberto e ad altri che frequentavano il mio stesso istituto di ragioneria, riuscimmo, ad un certo punto, a coinvolgere nelle nostre battaglie a suon di scioperi, discorsi con megafoni e bandiere rosse sventolanti, niente meno che una nostra professoressa di Italiano e Storia, che giunse persino all’azzardo di invitarci svariate volte a casa sua ma che dopo quegli anni di esperienza politico-social-frikkettona pensò bene di cambiare sede e più avemmo il piacere di reincontrarla. Ciao Laura, ovunque tu sia, spero tu abbia un ricordo non troppo funesto di tutta la combriccola e di quegli anni in fin dei conti spensierati e pieni di vita per tutti noi. Il fatto di promuovere e di aderire ad incontri e manifestazioni anche fuori dal nostro ristretto ambito cittadino, ricordo che Tirano contava alloro circa 8000 abitanti, ci portò comunque a conoscere parecchi coetanei soprattutto nelle province vicino alla nostra, come ad esempio Milano e Bergamo in particolare. L’Eugenio, il Mantecca, il Gallina, il Pasquale, il Biafra, l’Andrea, tanto per citarne alcuni, tutti giovani come noi arrivati nel fatidico “momento cruciale della vita” nel quale, pur trascorrendo ancora il tempo a spese dei genitori, bisognava comunque perlomeno iniziare a decidere di cosa fare del proprio futuro. Ricordo che durante i week-end il Circolo si animava ulteriormente proprio per l’arrivo in paese, chi in auto, chi in moto, chi in treno o in autostop, di questi amici, i bergamaschi, i milanesi, quelli di Sondrio, che ci facevano compagnia per due giorni che in estate spesso trascorrevamo in montagna con tende e sacchi a pelo, che ci aggiornavano sulla vita nei loro luoghi di residenza e che naturalmente ci fregavano le donne, tant’è che il povero Mirko soffrì di “crisi Manteccali” per parecchi anni anche dopo il matrimonio con la Giuli ed il Tom si incupisce ancora adesso solo nel sentir nominare il nome Eugenio. Riuscimmo persino in qualche occasione a coinvolgerli nella pericolosa opera di “tacchinaggio”, consistente nell’affissione notturna ed assolutamente fuorilegge messa in atto muniti di auto, scope e secchi di colla, di manifesti fatti in casa che annunciavano eventi ed incontri imminenti di interesse pubblico e sociale per la maggior parte delle volte non autorizzati. Naturalmente organizzavamo anche mega feste, dei veri e propri baccanali a base di musica, alcool e pomiciate che, dato il gran numero di presenze, si svolgevano prevalentemente in spazi presi a prestito tipo garage o magazzini, cercando, dato lo stato “ebbroso” nel quale naturalmente ci riducevamo al termine, di restare possibilmente nei paraggi di casa. Eravamo veramente un gruppo molto eterogeneo ed affiatato di ragazzi e ragazze, parecchi dei quali amici già dall’infanzia, che cercavano certo, come naturale che fosse, il divertimento e lo svago, ma che nello stesso momento iniziavano a prendere coscienza che le loro esistenze avrebbero avuto anche un futuro e che il tempo per metterci mano stava per arrivare. L’esperienza di questo “circolo culturale”, inteso idealmente come punto di ritrovo, di dialogo, di approfondimento delle reciproche conoscenze, ma anche di semplice relax, fu veramente importante per tutti noi. Tra noi vecchi amici ed amiche di allora restati in contatto per tutti questi anni, talvolta ancora ne parliamo con una vena di romanticismo e, devo ammettere, anche con un pizzico di malinconia. Certo, la nostalgia per quegli anni, per la nostra giovinezza, il ricordo forte di come e quanto eravamo uniti, questi sentimenti si fanno ancor più vivi nel vedere, nell’osservare i modelli di vita di parecchi ragazzi di oggigiorno. La tristezza ci assale un po’ nell’osservare un’immensa galassia di nerds segaioli e ben firmati che camminano guardando un telefono e vanno a sbattere contro i lampioni, spesso con la testa piena di giga che comunicano unicamente via social o smartphone, che praticano fieri il “revender” elevandolo a nobile stile di vita e che, in molti casi, sembrano quasi sprezzanti nei riguardi delle vecchie generazioni. La nostra era un’amicizia profonda che è durata negli anni e che durerà sino alla fine, avevamo poco, sul piano materiale, rispetto a tutti i comfort, le tecnologie e tanti beni di lusso disponibili oggigiorno, ma avevamo l’amore e l’affetto che ci teneva uniti, il costante rapportarsi anche su argomenti che potevano e potrebbero apparire banali, pochi soldi ma, devo ammetterlo, tante idee e volontà di metterle in atto. Forse talune si sono rivelate in seguito sbagliate, ma noi ci abbiamo provato ed ora siamo ancora qua uniti dagli stessi sentimenti di allora anche se, per ovvi motivi puramente logistici la frequentazione si è fatta meno costante. Siamo qui, a volte guardiamo al passato, agli “anni del Circolo Giovanile” e sorridiamo.