Il ’68 con gli occhi di una bambina

 

Nel 1968 avevo 8 anni . Troppo pochi per capire bene cosa stesse succedendo, ma abbastanza per comprendere che qualcosa di nuovo stava accadendo intorno a me.

Nel 1967 aveva fatto la sua trionfale comparsa in casa il televisore e anche se toccava andare a letto dopo il Carosello, questa fu una novità di portata rilevantissima.

Finalmente cantanti ed attori di cui sentivo parlare alla radio prendevano forma. Nel 1968 mi trovavo combattuta tra il preferire “I profeti” (avevo imparato a memoria “Gli occhi verdi dell’amore”) o “I Giganti” con la bellissima canzone “Mettete dei fiori nei vostri cannoni” che mi sembrava molto profonda. Ma senza capire una sola parola del contenuto ero molto affascinata anche dai Beatles (Cry baby cry) e un poco più tardi dai Rolling Stones. Questi ultimi non piacevano ai miei genitori che li giudicavano forse troppo trasgressivi, per cui occorreva ascoltarli e soprattutto guardarli un po’ di nascosto.

Qualcosa stava cambiando anche all’interno delle gloriose acciaierie e ferriere lombarde Falck di Dongo dove mio padre, originario di Piateda, lavorava. Un giorno annunciò a tavola che si era tesserato al sindacato e che avrebbe aderito agli scioperi e questo significava che avrebbe portato meno soldi in casa. Mia madre ebbe dapprima una reazione di contrarietà ma dopo aver discusso un po’ con papà aveva concluso che in qualche modo comunque ce l’avrebbero fatta anche a pagare la rata della casa.

Anche a scuola qualcosa stava cambiando. Il mio maestro ci faceva leggere il giornale in classe e ci spingeva a ragionare con le nostre testoline. Un esercizio difficile per bambini di 8/9 anni… Non si trattava quindi più della scuola del “leggere, scrivere e far di conto”. Mi ricordo come se fosse ieri una lezione che non dimenticherò mai e che ancora oggi applico in situazioni particolari. Il giovane maestro Luigi ci invitava ogni tanto a leggere insieme un articolo di giornale che lui sceglieva. L’esercizio successivo era quello di fare il riassunto e la sintesi. Ci fece leggere un articolo nel quale alcuni ambientalisti accusavano la società DuPont e la Bayer di causare il buco nell’ozono. Leggemmo nell’articolo che era per via del gas freon che si usava per i frigoriferi e per tanti altri prodotti e che questo gas era prodotto dalla suddette società. La DuPont, dal canto suo, sosteneva che le accuse erano infondate e che si trattava solo di allarmismo, di fanatismo e terrorismo psicologico degli ambientalisti e che l’ozono non correva alcun pericolo. Lettura, riassunto e sintesi, commento. Fin qui tutto bene, ma poi il maestro disse: “E adesso la critica: chi ha ragione e chi ha torto?”. Dopo qualche mugugno della scolaresca qualcuno disse: “Ma maestro, a malapena abbiamo capito cos’è il freon e cos’è l’ozono… come possiamo stabilire chi ha ragione e chi ha torto?”. “Provateci – ordinò il maestro- occorre che ci schieriamo da una parte o dall’altra”. E già! La lezione nella lezione era che occorreva schierarsi sempre… La classe lasciata a briglia sciolta ha discusso a lungo in piccoli gruppi e pian piano si stava dividendo fra i favorevoli al freon e i favorevoli all’ozono. Il maestro ci lasciò sfogare e poi disse la sua: “Io non lo so chi davvero ha torto e chi ha ragione, ma un tentativo di capire dobbiamo farlo. Chi sono e cosa vogliono questi ambientalisti?” Un coro quasi unanime si levò dalla classe: “Gente che vuol bene alla natura… persone che difendono l’ambiente”. “E che cosa ci guadagnano nel dire che il gas freon procurerà il buco nell’ozono?”. Anche in questo caso la classe era compatta: “Non ci guadagnano niente. Lo fanno perché ci credono… lo fanno per passione…”

“E queste società che producono il gas freon cosa ci guadagnano nel sostenere che il gas freon non è dannoso all’ozono?” La classe a questo punto era davvero un coro unanime: “E’ chiaro che se lo vendono ci guadagnano soldi e quindi hanno interesse a dire che non è dannoso”. “Bene bambini – disse a quel punto il maestro – io non so con certezza chi ha ragione e chi ha torto in questa faccenda. Non ci sono evidenze scientifiche e quindi anche se provassimo ad informarci meglio, non troveremmo una risposta certa. Però, se non riusciamo a capire e giudicare il problema, dobbiamo provare ad analizzare le fonti delle due tesi e cercare di capire qual è quella che ci sembra più onesta. Analizzate le fonti, in questo caso, viene fuori che gli ambientalisti sostengono la loro tesi per convinzione, per passione. La DuPont e la Bayer lo fanno per interesse economico. Non sono sicuro di chi abbia ragione e chi abbia torto, ma tra i due do più fiducia agli ambientalisti”. Tanti anni dopo, credo intorno al 1985, mentre leggevo che il buco nell’ozono era ormai un’evidenza scientifica, pensando a quella lezione non potei trattenere un moto di commozione.

Quando raccontai di questa lezione ai miei genitori, mio padre guardò in faccia la mia mamma: “Sto maestru l’è ‘n comunista… mej iscè”. Io non capivo bene cosa significasse essere comunisti ma sapevo che comunista era il mio papà e comunisti erano i miei zii e che i comunisti leggevano quasi tutti l’Unità e votavano PCI tranne il mio papà che votava PSIUP perché doveva votare un tipo che si chiamava Lelio Basso e che a suo dire era davvero un grand’uomo.

Qualcosa cambiava anche nell’abbigliamento: alle ragazze come alle bambine piaceva la mini gonna. La portavo anch’io. Con i calzettoni di lana fatti a mano dalla mamma. E mi sentivo molto chic! Anche se il mio abbigliamento preferito erano i pantaloni e, proprio nel 1968, per Natale, chiesi in dono i primi bluejeans.

Di quell’anno e dei successivi anni ’70 ricordo anche le notizie di occupazioni e scioperi di cui capivo pochissimo ed una volta, con grande contrarietà di mia madre, mio padre mi portò con lui a volantinare fuori dalla fabbrica. Ecco, il mio ’68 è tutto qui in queste piccole cose che però mi hanno segnata profondamente e se sono quella che sono lo devo certamente anche a questi momenti.