“AMICA” interroga “I liceali ribelli” di Sondrio

 

L’inverno era ormai agli sgoccioli, quando la mia classe, la terza B del Liceo G. Piazzi di Sondrio, balzò agli onori della cronaca nazionale. Era il 27 febbraio del 1974, l’anno in cui a maggio si sarebbe votato per il divorzio, e comparve sul Corriere Della Sera un articolo a firma Nicola D’Amico nel quale si raccontava la storia dello scontro tra noi studenti e il nostro insegnante di religione. Il docente Si chiamava don Aldo Tarabini ed era parroco di Faedo, ma non era un prelato di campagna qualsiasi, era il fratello di Eugenio Tarabini, il potente politico democristiano, famoso per le posizioni conservatrici e anche per una “mancanza” in quegli anni imperdonabile: aveva votato contro la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Almirante per ricostituzione del partito fascista. Un altro articolo, questa volta del settimanale Amica, riprendeva l’argomento all’inizio di marzo: eravamo stati intervistati dal giornalista e l’articolo era corredato con tanto di servizio fotografico. Non so come avvenne che la grande stampa si accorse di noi. Forse era perché tra i contestatori più battaglieri, c’era anche la figlia di Libero Della Briotta, il parlamentare socialista della nostra provincia.

Cos’era successo? Già in seconda liceo avevamo avuto da ridire sul metodo di insegnamento di don Aldo, che impartiva vere e proprie lezioni di catechismo manco fossimo all’oratorio di Faedo e che cercava di trasmetterci le sue concezioni retrive. Non nascondeva le sue idee impregnate di un conservatorismo tanto estremo da renderle indigeribili anche per la maggior parte dei democristiani della provincia. Per il sacerdote restava in vigore il Concilio di Trento. Le parole di Giovanni XXIII non l’avevano neppure scalfito. Ogni proposta innovativa, ogni confronto, ogni tentativo di mediazione era stato respinto e lo scontro tra lui e la classe era divampato diventando di dominio pubblico. Invece di intervenire, le autorità scolastiche e religiose (il preside e il vescovo di Como), forse per non urtare la sensibilità del fratello, lasciarono correre e così, quando cominciammo la terza, ce lo trovammo ancora lì. Lo scontro riprese e noi arrivammo a chiedere l’abolizione dell’ora di religione o quantomeno la sua trasformazione in un’ora di storia delle religioni. La situazione precipitò quando alla fine del primo quadrimestre un terzo degli alunni dell’intera scuola era stato classificato come insufficiente nella sua materia. Partimmo al contrattacco con un dazebao di denuncia, poi con un altro, avanzando riserve sulla legalità del voto espresso, minacciando il ricorso ad un legale e “politicizzando” la vicenda per le sue connessioni con il clima di oltranzismo che si voleva creare in vista dell’imminente campagna per il referendum sul divorzio. L’incredibile vicenda suscitò molto scalpore nella provincia “sonnacchiosa” (con questo aggettivo l’aveva descritta il giornalista di Amica), e da decenni democristianissima. Poi, come era prevedibile, l’attenzione sul caso via via diminuì e tutto rimase come prima tranne il voto di religione in pagella: Insufficiente. In ogni caso i “liceali ribelli” si erano fatti sentire. Di lì a poco ci sarebbe stata la resa dei conti: nel referendum di maggio, la DC e i suoi alleati missini dovettero subire una sconfitta senza precedenti, epocale.

Ai tempi del fatto che ho raccontato militavo nel Movimento Studentesco, organizzazione alla quale avevo aderito appena arrivata a Sondrio dal mio paese di origine, Sondalo. Ciò che mi aveva inizialmente avvicinato al MS era l’antifascismo, ma andavo col tempo scoprendo che questo valore si coniugava con altri progetti più ambiziosi e radicali. L’obiettivo era una contestazione globale del sistema nella sua totalità.

Un altro aspetto importante era quello relazionale: partecipavamo ad una comunità nella quale tutti si sentivano uniti e uguali, si creavano amicizie, si conoscevano persone, nascevano amori, si partecipava a momenti collettivi, come gli scioperi e le manifestazioni, momenti corali che ricordo ancora oggi. Divenni amica di tanti, in particolare di “Marshall”, che fu denunciato e successivamente assolto per aver distribuito un volantino su Roberto Franceschi, lo studente di Milano assassinato dalla polizia nel 1973. Si collaborava anche con gli universitari, più vecchi di noi di qualche anno, che erano i padri fondatori dell’MS a Sondrio. In via Trento aprimmo, mi sembra nel 1976, la CED (Cooperativa edizioni democratiche) e stampavamo e diffondevamo anche un nostro giornale che si chiamava Unità Popolare, ma a quel tempo l’MS si era già trasformato in Movimento Lavoratori per il Socialismo.

Per quanto mi riguarda gli anni dal ’69 al ’75 sono stati i più belli della mia vita.

Ero una ragazza giovane, entusiasta della vita, felice, piena di speranze e di progetti per il futuro. Della giovane donna che ero, di cosa pensavo e facevo durante gli anni della cosiddetta “Contestazione Giovanile”, non rinnego niente e, quando affiorano nella mia mente i ricordi di quel periodo, provo solo nostalgia.