Il “Passaggio”

 

Intitoliamo così il racconto del trasferimento dall’Italia alla Svizzera di un profugo politico cileno avvenuto durante l’estate 1975 a due anni dal colpo di stato di Pinochet dell’11 settembre 1973. Stiamo parlando di un episodio avvenuto 43 anni fa e parte dei personaggi che hanno partecipato non ci sono più. Quindi con uno sforzo di memoria dei superstiti ecco la descrizione dei punti salienti del “passaggio”:

Gli antecedenti. Testimonianza di Renato

Nel ’75 vivevo già da due anni a Milano e frequentavo la facoltà di fisica, dove mi ero iscritto dopo lo scientifico a Sondrio. Avevo militato in Avanguardia Operaia, che aveva la sede in una vecchia casa in salita Ligari, proprio di fronte a dove abitavo anch’io con mia mamma e altri tre fratelli. Il più grande, Flavio, era stato un leader all’ITIS di Sondrio, l’epicentro delle lotte studentesche nei primi anni ’70, e fu attivo nel movimento fino alla crisi dei gruppi del ’76. Ci eravamo trasferiti nel capoluogo da Castello dell’Acqua e mio padre lavorava al Fossati, dove divenne membro comunista della Commissione Interna. Poi morì ancora giovane per una silicosi contratta a scavar carbone nelle miniere del Belgio. Castello aveva un forte tradizione di sinistra e le posizioni politiche di mio padre ci portarono ad incrociare la sinistra extraparlamentare, scelta che a livello di orientamento fu anche dei miei fratelli minori, Mariano e Gianni.

A Milano vivevo in un appartamento con altri, tutti studenti meno me e Franklin Barrientos, un profugo cileno che come me già lavorava, facendo il guardiano di notte in un garage, mentre studiava scienze politiche. Il golpe era recente e nel settembre del ’73 avevo partecipato ad una grande manifestazione contro Pinochet che aveva sfilato per le vie di Sondrio. In quegli anni c’era una particolare sensibilità e simpatia nei confronti dei cileni che costituivano una comunità abbastanza grande a Milano, io personalmente penso di aver assistito ad almeno 10 concerti , ma forse anche di più, dei mitici Inti Illimani. Un giorno Franklin mi parlò di un suo amico cileno, funzionario del Ministero dell’Agricoltura e profugo pure lui, che aveva bisogno di andare in Svizzera per ricongiungersi con la famiglia, però senza documenti la cosa era un po’ complicata. Mi offrii di vedere se fosse possibile fargli passare il confine proprio in Valtellina e ne parlai, credo, con Giorgio con cui eravamo molto amici al tempo, anche perché eravamo stati entrambi nella cellula di AO a Sondrio. Quando mi venne confermato che la cosa era fattibile, detti la conferma a Franklin che organizzò il viaggio in Valtellina dell’amico, che fu poi trasferito a Prato Valentino, una località turistica nel comune di Teglio.

Testimonianza di Cicci

Premessa.

Avevo conosciuto Egidio Gusmeroli a Milano, dove era ricoverato in ospedale per una brutta frattura dovuta ad un incidente in montagna, ed eravamo diventati amici. Da liceale, nel ’69-’70, aveva avuto esperienze di lavoro politico nella sinistra extraparlamentare a Sondrio, poi aveva avuto varie storie sia di studio sia di lavoro. Le sue grandi passioni erano la montagna e la wilderness e, dopo varie vicende, approdò in Patagonia dove faceva la guida e dove trascorse l’ultima parte della sua vita. Il suo amore per la montagna e la mia passione per l’attività sportiva si incontrarono e, quando mi propose di prendere in affitto un rifugio in Valtellina, abbandonai il grigio della metropoli per trasferirmi a Prato Valentino. Alla Baita del sole avviammo una simpatica ed innovativa esperienza che proponeva una pluralità di attività sportive outdoor e una piacevole accoglienza dentro il rifugio.

Periodo e luogo.

Bene, cominciamo a raccontare. Siamo a Prato Valentino nell’estate 1975. Dalla Baita del Sole, che si trova a 1700 metri, si può raggiungere in poco tempo il confine con la Svizzera percorrendo un dislivello di circa 500 metri, utilizzando sentieri e percorsi noti soprattutto ai tempi del contrabbando, traffico che nella zona si è concluso da poco.

La comunicazione.

Un giorno Egidio mi comunica che dei suoi amici di Sondrio gli hanno chiesto se siamo disponibili ad accompagnare a piedi fino al confine con la Svizzera un personaggio politico del governo di Allende senza documenti, scampato al golpe di stato di Pinochet. Questa persona dovrà ricongiungersi con parte della sua famiglia già fuggita dal Cile e attualmente in Svizzera.

Arrivo del personaggio e permanenza a Prato Valentino.

Una sera di fine estate del 1975 un signore maturo con una valigia rigida d’altri tempi viene accompagnato in macchina a Prato Valentino e subito accolto in una delle camere del rifugio, dove verrà ospitato fino a quando si dovrà decidere il giorno del “passaggio”. Il trasferimento si farà solo dopo aver coordinato la “consegna “ con chi dovrà attenderci nel luogo stabilito oltreconfine.

Il percorso.

Dopo pochi giorni, organizzata la “consegna”, si decide di partire. La persona in questione, che parla solo spagnolo, non è in forma, si nota che è provato e decidiamo di trasportarlo con la mia auto, una Citroen Diane, almeno fino dove si può arrivare risalendo la strada sterrata che da Prato Valentino porta in zona Fontanacce . Dopo aver risalito in auto il percorso accidentato che lambisce le piste di sci e l’ultima vegetazione, io, Egidio con il suo cane e il signore cileno lasciamo l’auto ed iniziamo a risalire a piedi fino a raggiungere il sentiero delle Formiche che porta al passo del Meden. Stiamo camminando da un paio d’ore a quota 2000 metri e il nostro ospite procede lentamente costringendoci a diverse soste . Noi, cercando di alleggerire la tensione, proviamo a distrarre il personaggio in tutti i modi possibili, nonostante la comunicazione sia difficile.

Arrivo al confine.

Finalmente si arriva al passo del Meden, quota 2200 metri, e indichiamo all’ospite il cippo di confine tra Italia e Svizzera. A questo punto ho il vivido ricordo di quanto succede: il signore si siede emozionato e apre la valigia rigida che contiene poco niente, della biancheria, una stecca di sigarette e un cappello di paglia del folclore cileno. Con gesto solenne regala le sigarette ad Egidio e a me il cappello che conservo ancora.

La Consegna.

Dal passo del Meden iniziamo a scendere verso la località Svizzera di Cavaione, il sentiero è facile e non impieghiamo molto tempo a raggiungere le baite della frazione svizzera servita da una strada asfaltata che parte da Campascio. Li ad attenderci puntuali troviamo due vetture: una degli amici di Sondrio che trasporteranno l’ospite a destinazione in Svizzera, l’altra di un amico di Tirano che riporterà me, Egidio e il cane a Prato Valentino.

Testimonianza di Renato e Giorgio.

Noi invece partiamo alla volta di una grande città svizzera, forse Zurigo, accompagnando il nostro amico sino alla stazione dove lo lasciamo. Non mi ricordo molto del viaggio, il cileno praticamente non parlava, stava recuperando lo stress fisico della salita al Meden, forse era anche un po’ intimorito dallo stile di guida brillante del Giorgio, se ne stava seduto dietro e non diceva nulla. Arrivati a destinazione andiamo alla stazione, dove lo lasciamo per riprendere subito la via di ritorno a Sondrio. Siamo così stanchi che ci lasciamo così senza neanche un po’ di calore.

Conclusione

Nei tempi cupi dell’oggi, è bello ricordare questo episodio di oltre 40 anni fa, che ci dice ancora qualcosa dello spirito del ’68 e dei suoi valori di solidarietà e di civiltà.