Brasile, ospedali al collasso. “Entro due settimane non saremo più in grado di accogliere i malati”

La denuncia di Bruno Covas, sindaco di San Paolo, epicentro della pandemia nel Paese. Il gigante sudamericano quarto Paese al mondo per numero di contagi   di DANIELE MASTROGIACOMO  18 maggio 2020 LA REPUBBLICA

 

A un passo dal collasso. Il sistema sanitario del Brasile rischia di soccombere sotto il Covid 19. Gli ospedali di San Paolo, la capitale economica e finanziaria del Paese, sono occupati al 90 per cento. Non ci sono più spazi per ospitare ammalati e letti per le terapie intensive. Ne restano pochissimi. “Entro due settimane”, denuncia allarmato il sindaco Bruno Covas, “non saremo più in grado di accogliere i contagiati gravi”. Poi  lancia un appello a rafforzare il lockdown che tra mille contrasti è applicato da meno di metà della popolazione. “Se non restiamo a casa”, ha aggiunto Covas, “non riusciremo ad arginare i contagi. E’ difficile credere che alcuni preferiscano sottoporre i brasiliani alla roulette russa. L’indifferenza di fronte alla morte è avvero sconveniente”.

Parole forti ma calibrate che esprimono un sentimento di frustrazione e quasi di rassegnazione. Senza più ministro della Salute (un militare, il vice, sostituisce temporaneamente il secondo titolare dimessosi per contrasti con il presidente Jair Bolsonaro), con 100 milioni di cittadini che girano incuranti dei rischi da contagio, il gigante del Sud America raggiunge il picco del Covid 19.  

San Paolo, epicentro della pandemia (assieme a Manaus), paga il prezzo più alto di un ritardo nelle misure di protezione. Sui 12 milioni di abitanti tutte le cifre dimostrano che la maggior parte esce di casa e non indossa le mascherine previste da un provvedimento varato già due mesi fa. Il sindaco sta concordando con il governatore dello Stato un vero e rigido lockdown con l’aiuto della polizia che dipende da loro.
L’atteggiamento negazionista del presidente Bolsonaro e le manifestazioni di aperta sfida al Covid 19 da lui promosse e sostenute, lo scontro con i ministri della Salute e i governatori degli Stati più importanti, pesano sull’assunzione di responsabilità dei brasiliani.  

Il Continente latinoamericano registra oltre 480 mila contagi. Metà (241.080) sono nel Brasile che adesso è il quarto Paese al mondo per numero di casi positivi dopo Usa, Russia e Gran Bretagna. I morti sono 16.118. Ancora ieri, domenica di sole, riporta la Bbc Brazil, milioni di persone sono andate in spiaggia, si sono riversate sulle strade, hanno passeggiato e corso, sono rimaste a parlare, in gruppo, ammassate. Pochissimi avevano le mascherine. 

Ma i numeri sono incerti. I positivi potrebbero essere molti di più. Anche quindici volte, visto che si praticano pochissimi tamponi. “E’ difficile sapere cosa sta realmente accadendo in base ai dati disponibili”, aveva detto la scorsa settimana all’Afp Domingo Alves dell’università di San Paolo, uno degli autori dell’analisi che tracciava un bilancio molto più alto. 

C’è stanchezza, confusione e la convinzione che il virus, in fondo, si può arginare facendo le cose di sempre. E’ il rifiuto di un lockdown come unica misura per fronteggiarlo, in attesa di un vaccino o di trovare farmaci efficaci. Le immagini che arrivano dall’Europa, con la riapertura totale, spingono la gente a reagire: “Escono tutti, rischiamo di restare chiusi a vita”. 

 

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