Coronavirus, il governo dimentica homeless e migranti di Rachele Gonnelli
tratto da Sbilanciamoci News letter n.° 607 del 23 marzo 2020
L’emergenza colpisce ancora più duramente le persone meno protette. Ma per il momento non esistono indicazioni del governo sull’organizzazione e l’erogazione dei servizi sociali in questa fase di crisi. E cento associazioni scrivono a Conte per chiudere Cas, Cara, hotpsot, a favore di un’accoglienza diffusa.
Nel frattempo oggi un centinaio di associazioni del terzo settore – tra cui Asgi, Mediterranea, Sos Méditerraée Italia, Lunaria, Libera, Focsiv, Arci, Emergency, Legambiente, Libera, Fondazione Pangea di Milano, Cledu di Palermo, Solidaria di Bari, Pax Christi – inviano una lettera al governo. La lettera inizia sottolineando come “nei periodi di crisi gli effetti delle diseguaglianze sociali e sostanziali si fanno ancora più evidenti” e denuncia come i diritti dei cittadini e delle cittadine più fragili siano messi a rischio nella gestione Covid-19 se non si interviene immediatamente. In particolare le cento associazioni chiedono la chiusura dei centri di medie e grandi dimensioni per migranti (Cas, Cara, Hub, Cpr e hotspot), in quanto strutture “non idonee a garantire la salute degli ospiti e neanche degli operatori impegnati all’interno, oltre a non garantire neanche la salute collettiva”. Tra l’altro, sono molte le segnalazioni – si legge nella lettera – di chiusure totali del centri e di una privazione totale della libertà di spostamento dei migranti e rifugiati, anche per lavoro o salute, ben oltre le prescrizioni di legge.
Si denuncia la totale assenza di presidi sanitari – mascherine e gel igienizzanti – ma si chiedono soprattutto controlli medici e supporti psicologici. Per le strutture fino a 300 posti c’è solo un medico reperibile per 24 ore a settimana, con orario dimezzato per i centri fino a 150 ospiti, diventati internati. Con nessuna misura di distanziamento nelle mense interne o nei locali dormitorio. Una bomba sociale sulla quale neanche i prefetti, a quanto pare, intervengono. Perciò le associazioni si rivolgono al governo formulando un elenco di proposte, prima delle quali favorire uno svuotamento dei centri attraverso un potenziamento dell’accoglienza diffusa (gli ex Sprar ora Siproimi) e l’attivazione dei programmi già adottati per l’emergenza freddo. Inoltre si chiede una campagna di informazione multilingue (più capillare di quella che ha lanciato intanto Arci) su ciò che sta avvenendo e la spiegazione delle misure anti contagio. Si chiede poi la piena anagrafe sanitaria per tutti i migranti, il blocco degli ingressi nei Cpr e negli hotspot come Lampedusa, i ricongiungimenti familiari per via telematica e, last but not least, l’abrogazione dei decreti Sicurezza .